Naufragio Concordia e immagine dell’Italia nel mondo, visti dagli italiani di Silicon Valley

Il naufragio della Concordia all’Isola del Giglio, con un’enorme risonanza mediatica a livello mondiale, si è caricato di significati simbolici. Scivolando pericolosamente in patria sulla china della tragicommedia recitata da maschere (comandante cattivo, comandante buono, la donna misteriosa…).

Ma l’impatto, sull’immagine dell’Italia nel mondo è stato forte. E forse avrà conseguenze che meritano una riflessione. Così, con un paio di domande ho  interpellato alcuni interlocutori speciali da un osservatorio particolare, Italiani di Frontiera a Silicon Valley.

E dunque confronto a distanza con: Loris Degioanni, giovane imprenditore cuneese reduce da una “exit” di grande successo in California, incontrato al recente Mind The Bridge; Francesco Lacapra, già veterano Olivetti e docente della Statale di Milano, oggi imprenditore in California; Stefano Cabrini, direttore di un laboratorio di nanotecnologie alla  University of Berkeley, intervistato l’estate scorsa durante il primo Italiani di Frontiera Silicon Valley Tour; Franco Folini, Top Friend di IdF, tra gli animatori di Business Association Italy America ed alla guida di Novedge, impresa molto cresciuta dai tempi della nostra intervista (2008).

Grazie a Loris, Francesco, Stefano e Franco per un contributo davvero prezioso.

–  Come influirà questo evento su immagine e prestigio internazionale dell’Italia? Con quali conseguenze?

Degioanni “Io ero a New York a incontrare clienti. E’ stato interessante notare come il naufragio abbia ricevuto una copertura mediatica di tutto rispetto e come, in ognuno degli uffici dove sono stato, l’argomento fosse in testa alle discussioni durante le pause. 
Devo dire però che non ho notato una proiezione negativa della vicenda sul nostro paese. Anzi, se devo essere sincero, ho avuto la sensazione che questo evento migliori la nostra immagine. In base alla mia esperienza, l’opinione sull’Italia è stata per lungo tempo inquinata dal suo improponibile presidente del consiglio. Gli americani ci vedevano come un popolo superficiale perchè abbiamo continuato a votarlo, instancabilmente ed entusiasticamente, fino alla rovina”. 

Lacapra – “Ho l’impressione che l’infausto evento abbia proiettato ancora una volta un’immagine dell’Italia tutt’altro che lusinghiera. Purtroppo, le carenze del comandante Schettino fanno porre domande più serie sulla professionalità degli italiani, sule loro capacità organizzative e sulla idoneità a gestire situazioni di crisi. Vero è che esiste il sentore che questo possa essere un problema generale delle società che operano nel settore delle crociere. Tuttavia, combinando questo evento con quelli che l’hanno preceduto: pessima gestione dell’economia italiana, protratta presenza di un individuo profondamente squalificato sul piano internazionale come Berlusconi a capo del governo, disastroso impatto dell’economia italiana sul piano europeo e conseguente degrado dei credit rating, ne emerge un quadro che fa sempre più assomigliare il nostro paese a una repubblica delle banane, anche quando ci sono solide ragioni per rendersi conto che la situazione è diversa. Come si dice qui, “perception IS reality” e con questo bisogna fare i conti. Anche se si scoprisse alla fine che Schettino ha fatto il proprio dovere fino in fondo e con abnegazione (del che dubito), temo che la cosa non riuscirebbe comunque a produrre una significativa spallata in direzione opposta”.

Cabrini – “Questa è sicuramente una brutta storia ed una brutta pubblicità per l’Italia in generale. Ma è un fatto non nuovo e non inusuale dei tempi recenti. Gli ultimi anni hanno riportato l’immaginario italiano almeno qui in California indietro di circa 50 anni. Nei tempi in cui l’idea dell’Italia era basata principalmente sullo stereotipo dell’italo-americano. Eravamo un paese corrotto, mafioso, incapace di autogovernarsi e dedito al godersi la vita e non voler lavorare. C’e’ stato un periodo in cui l’Italia ha riguadagnato credibilità, ha ricostruito a gran fatica una nuova immagine ed essere italiano era anche una connotazione positiva. Negli ultimi anni anche grazie alle uscite internazionali, economiche e diplomatiche della nostra classe dirigente, mi sento ripiombato indietro, colleghi e conoscenti mi guardano come uno strano animale proveniente da un mondo corrotto e senza principi morali. Dove un presidente del consiglio può portare un paese sull’orlo del baratro ed occuparsi dellle sue donnine solamente e dove al comando di una nave da 5000 persone c’e’ un capitano Schettino. E non succede nulla a loro. Credibilità come paese: ‘nulla’. Tutta la credibilità che abbiamo è  costruita a fatica su meriti personali, provare a portare una collaborazione istituzionale è molto difficile e spesso controproducente. La Costa Concordia è un’altro tassello del puzzle  che ci configura come ‘incapaci e corrotti’, incapaci di tener cara una delle nostre più importanti risorse, incapaci di far rispettare il piu basilare comportamento morale (un capitano che abbandona la nave viene insegnato fin da bambini come un atto osceno)”.

Folini “Il naufragio della Concordia mi pare sia stato vissuto in Italia come principalmente come uno scontro di personalità, da un lato il ‘cattivo’ Schettino, dall’altro il ‘buono’ De Falco. Qui negli USA la vicenda è percepita in modo piu’ olistico: una nave da crociera italiana affonda in acque arci-note con mare piatto, punto. Certo si è parlato anche del comandante (handsome guy according to my gay friends), ma ciò che stupisce è il fallimento del sistema. Si sa che i singoli possono sbagliare, impazzire, ubriacarsi, ma l’americano medio si aspetta che il sistema sia sufficiente robusto per gestire anche eventi imprevisti e imprevedibili minimizzando i danni. Leggendo i commenti dei miei contatti Americani e britannici su Facebook, ho percepito nettamente l’ennesima perdita di credibilità e prestigio della brand Italia. Sembrava di assistere al recall della Toyota Prius (credo fosse nel 2009), un evento che ha lasciato cicatrici invertendo il trend di crescita della brand automobilistica fino a quel momento piu’ popolare negli USA. A differenza della Toyota il nostro passato recente e lontano non e’ altrettanto immacolato. E’ bastato il naufragio per fare riemergere battutine sui militari italiani o sul penultimo presidente del consiglio”. 

– C’è modo di trarne una lezione, spunti per qualcosa che va assolutamente cambiato e rinnovato?  

Degioanni – “Questa settimana ho certamente assistito all’ironia verso il capitano incompetente e codardo, ma ho anche percepito interesse verso il funzionario che gli urla ‘get your ass on the boat!’. E’ come se questa frase, semplice e perfettamente mediatica, abbia portato alla luce il lato responsabile e concreto dell’Italia, troppo spesso oscurato dai nani e dalle ballerine”.

Lacapra – “Come cambiare le cose? Ritengo che il mondo anglosassone e quello americano in particolare siano stati in grado di costruire cose complesse privilegiando il lavoro di squadra, l’organizzazione e l’enfasi verso la riproducibilità dei risultati su tutto il resto. Tutto questo non alza i picchi, ma eleva, e di molto, la media dei risultati. Ciò, alla fine, è più importante.
Insegnare fondamentali lezioni di Project Management anche nei licei e cercare di far capire ai ragazzi quanto conti il gioco di squadra è fondamentale. Da noi, anche nel settore dell’imprenditoria uno preferisce tenere il controllo del 51% di una cosa piccola, piuttosto che il 10% di una cosa dieci volte più grande. Questa mentalità dovrebbe essere cambiata. Il rigore tecnico e morale dovrebbe contare molto, ma purtroppo le filosofie del “volemose bene”, “tengo famiglia” e simili congiurano per farci rimanere un paese da operetta, pur in presenza di menti brillanti e creative che potrebbero permetterci di aspirare a molto di più”.
Cabrini – Cambiare e’ possibile e faticoso: la credibilità salire molto lentamente ma può calare precipitosamente. Purtroppo però per cambiare deve essere la classe dirigente stessa a prendersi le responsabilità e far pagare chi in alto ha sbagliato. 

Il rigore tecnico e morale dovrebbe contare molto, ma purtroppo le filosofie del “volemose bene”, “tengo famiglia” e simili congiurano per farci rimanere un paese da operetta, pur in presenza di menti brillanti e creative che potrebbero permetterci di aspirare a molto di più. 

Schettino e’ un nome, è un simbolo è oramai nell’immaginario comune il classico esempio di un incompetente messo in una posizione troppo alta per le sue capacità, ma tollerato ed anzi apprezzato. Un comandante serio che rispetti le leggi e la sicurezza non sarebbe arrivato lì facilmente, non avrebbe ceduto alle pressioni di passare coì’ vicino alla riva rischiando cosi tanto. Ma di Schettini ce ne sono moltissimi e sono stati messi a dirigere istituti importanti che prima avevano un nome internazionale e adesso nessuno li conosce. Occupano poltrone importanti della pubblica amministrazione, hanno incarichi di rilievo nelle industrie ed a poco a poco riempiono tutta la classe dirigente. Punizioni esemplari per chi sbaglia, o per chi ha messo lo Schettino di turno in quella posizione! Ma intanto a pagare sono le giovani buone generazioni che faticano e stentano a trovare un futuro, ed anche qui all’estero vengono guardate con sospetto”.

Folini A livello personale osservo che il lavoro certosino che molti di noi fanno in istituzioni o in associazioni come BAIA per proiettare un’immagine professionale e affidabile dell’Italia e degli italiani viene spesso azzerato dal flusso di notizie che giungono dall’Italia. Fortunatamente gli Americani, diversamente dagli Italiani, sanno guardare pragmaticamente alle caratteristiche professionali della persona senza farsi troppo influenzare da giudizi e pregiudizi sul suo paese d’origine. Ma se come individui riusciamo ad evitare le ombre proiettate da certi eventi di cronaca o politici, temo che molte aziende italiane in quanto organizzazioni complesse non riescano a sfuggire a queste ombre e ne stiano pagando o ne pagheranno le conseguenze.
Nell’immaginario americano, il divario tra l’Italia dei romanzi, della pubblicità e telefilm, e l’Italia dei newspapers continua ad ampliarsi. Gli americani non vogliono rinunciare ad un’Italia ideale, immaginata come patria di cibi autentici, di persone genuine, di artisti geniali e di paesaggi immacolati. Non potendo conciliare quest’idea astratta con la cruda realtà che la cronoca propone, la riposizionano nello spazio delle idee o dei sogni, disconnettendola dall’Italia reale che li ha delusi. Questo preoccupante divario lo si può osservare e misurare ad esempio nella crescita in popolarità della brand ‘Toscana’(l’Italia ideale) che tende sempre più a sostituire alla brand “Italia” (il paese reale). Poco importa che l’Isola del Giglio sia in Toscana, la geografia per gli americani rimane un optional”. 

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