Sogno, modernità e “frontiere culturali”: una scoperta la mostra di pittori americani a Firenze

Sogno, visione, modernità… chi avrebbe pensato di ritrovare temi di Italiani di Frontiera in una mostra d’arte su pittori di oltre un secolo fa?

Nato come progetto fuori dagli schemi, IdF è cresciuto lungo percorsi inaspettati, spesso scoperti grazie alla curiosità. E’ accaduto anche la settimana scorsa a Firenze. La presentazione di  “Americani a Firenze. Sargent e gli Impressionisti del Nuovo Mondo” , (sino al 15 luglio a Palazzo Strozzi, un grazie per l’invito ad Antonella Fiori, amica di IdF, che ne cura l’ufficio stampa con Lavinia Rinaldi) si è rivelata uno straordinario spunto di riflessione sul confronto tra mondi, culture e visioni diverse, nel rapporto con la modernità.

Merito di Carlo Sisi, curatore assieme a Francesca Bardazzi della mostra. Che nell’intervista in video a Italiani di Frontiera ha spiegato quanto brillantemente esposto durante al conferenza di presentazione, alla vigilia dell’inaugurazione.

Quello della mostra a Firenze, “Non è un percorso essenzialmente legato alla storia delle immagini dell’arte americana. E’ legato soprattutto ad un nodo concettuale ed etico alle radici stesse delle due culture, quella americana e quella italiana”, dice Sisi.

Questi pittori erano giovani americani alla ricerca del Genius Loci, cioè di un’identità culturale, quella toscana, interpretata con gli occhi di chi amava Botticelli i grandi maestri, la pittura veneziana… Ma questo percorso di scoperta e crescita, spiega ancora, ha fatto scoprir loro una civiltà diversa da quella del loro sogno, che stava cambiando la Firenze medievale e rinascimentale, industrializzata, resa città europea con grandi strade e piazze. Queste modifiche, ricorda Sisi, erano per loro un sogno interrotto, infranto. E tentano perciò di impedirle, con polemiche contro l’amministrazione cittadina. Allo stesso tempo, gli abitanti di quella città non si accorgono di questa operazione. Gli americani tentano di legarla alla città del passato, i fiorentini non percepiscono questa tensione etica e scelgono da quel punto in avanti la Firenze di rendita, “quella di oggi, completamente venduta al turismo”, dice Sisi.

Una Firenze che perde un’identità per chi ci abita, osserva, perchè come tutti i titolari di una rendita, afferma il curatore, i fiorentini “sanno di avere le cose ma non sanno dove sono e cosa sono”. Quasi una “frontiera culturale”, nessun punto d’incontro identitario  fra chi si oppone a questa modernizzazione e chi la subisce passivamente, senza percepirne il significato.

Come osserva James M. Bradburne, direttore generale di Palazzo Strozzi, non è l’oggetto di una mostra ma l’approccio con cui si affronta a determinarne la qualità. E questa di Firenze, su pittori di oltre un secolo fa, offre davvero una riflessione di straordinaria attualità. Su come interpretare la modernizzazione, respingerla o subirla passivamente, vivendo di rendita. Su come un’immagine idealizzata divenga un sogno al quale non si vuol rinunciare, a costo di chiudere gli occhi davanti alla realtà.

E  tutto questo accadeva in un periodo in cui per milioni di italiani il sogno si chiamava America. Fra 1880 e 1915, furono quattro milioni gli italiani che emigrarono nelle Americhe, alla ricerca di una vita migliore.Un sogno a volte realizzato, talvolta interrotto da una drammatica realtà, scoperta emigrando.

(Nella foto,con Antonella Fiori, Francesca Bardazzi e Carlo Sisi).

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