Missione compiuta per Lorenzo Thione: dopo Bing e il software, oggi l’esordio con un musical a Broadway
Piccolo teatro Off Broadway, un giovane ingegnere italiano di grande successo, studi al Politecnico di Milano e University of Texas, a New York dopo un’esperienza a Silicon Valley, siede col suo compagno in platea, vicino a una coppia di altri uomini che inizia a commentare una serie di spettacoli che anche lui aveva visto. Uno è un volto celebre, un signore anziano già protagonista della serie di culto televisiva Star Trek.
La curiosità diventa amicizia ma solo per caso il giorno dopo i quattro si ritrovano di nuovo seduti vicini in un altro teatro. Quando il volto celebre viene rigato dalle lacrime. L’ingegnere si incuriosisce e chiede il perchè di quella commozione.
L’attore risponde che il dramma sul palco gli ricorda quello vissuto dalla sua famiglia, immigrati di origine giapponese che all’indomani di Pearl Harbour si trovarono trattati da nemici in quella che consideravano la loro nuova patria, internati in campi di concentramento. L’emozione si trasforma in ispirazione. L’idea di rievocare quella pagina dolorosa per un’intera comunità su un altro palcoscenico. In un musical. Storia di ieri con temi di straordinaria attualità: identità, immigrazione, determinazione.
Dopo una lunga gestazione, un esordio a San Diego e un mese di previews col pubblico di New York, “Allegiance” (Fedeltà) fa il suo esordio ufficiale a Broadway martedì 10 novembre. L’interprete principale, George Takei, classe 1937 nel frattempo è diventato una star del web, protagonista di un’attenta campagna di promozione sui social media.
Produttore e coautore del musical Lorenzo Thione, comasco di nascita, milanese d’adozione, che dopo aver conquistato la ribalta nel mondo hi tech per aver gettato nel 2008 le basi del motore di ricerca di Microsoft, operazione da 100 milioni di dollari, a poche settimane da un incontro con il presidente Barack Obama completa ora uno straordinario percorso professionale: dal software al musical, da Bing a Broadway.
Fra i protagonisti di questo progetto e del libro “Italiani di frontiera. Dal West al Web: un’avventura a Silicon Valley” (EGEA), Lorenzo ha concesso questa intervista in esclusiva, alla vigilia dell’esordio a Broadway.
– In questo musical c’è qualcosa della tua esperienza personale?
“La mia esperienza ha avuto un impatto enorme su questo lavoro con due autori, uno italiano l’altro americano di origine cinese… Io sono arrivato come studente, ho avuto una determinazione molto mirata nel voler restare. E a dire la verità non ti fanno la vita facile: arrivi col visto da studente, devi trovare il modo di fermarti con visto di lavoro… nel mio percorso ci sono voluti quasi otto anni e mezzo. Nel frattempo, avevo costruito una vera vita, una famiglia, amici, un’esperienza di precarietà, ti sembra che da un momento all’altro possa succedere qualcosa per cui tutto quello che hai costruito, per cui hai lavorato possa svanire, l’ho sempre percepita come una spada di Damocle, qualcosa che non era sotto il mio controllo…”.
– E come si integra la tu storia con una vicenda della seconda guerra mondiale?
“L’esperienza di queste famiglie, i loro padri o i loro nonni venuti qui per realizzare un futuro migliore per sé e i propri figli e il vedersi sottrarre da un momento all’altro tutto quel che avevano costruito, in maniera del tutto fuori dal loro controllo, a causa di questa precarietà determinata da un senso di percezione dei cittadini di origine giapponese come stranieri… in questa esperienza, anche senza questi aspetti drammatici, io mi riconoscevo: la sensazione che malgrado ti impegni a integrarti, a identificarti anche in una cultura, nelle norme sociali, c’è sempre una voce di sottofondo che dice: ma sei effettivamente completamente riconosciuto come parte della società? E’ una sensazione latente che ha avuto un ruolo nello scegliere questa storia”.
– Qual è stata la cosa più difficile, per arrivare a Broadway?
“Ottenere un teatro qui a Broadway, uno dei palcoscenici che sono limitati e hanno un’enorme richiesta. E’ difficilissimo, c’è voluta una grande pazienza e quasi tre anni, ci sono voluti tempo e dedizione. Si tratta di un settore molto diffidente, di cui devi ottenere fiducia e stima per poter meritare questa opportunità. La vera prova sarà vedere se lo spettacolo piacerà o no. I prossimi mesi saranno cruciali per noi per capire se questo è un lavoro che piace al pubblico”.
– E come si affronta questa sfida?
“Devi avere un team estremamente differenziato, avere persone esperte di ambiti dei quali sai pochissimo, dunque la vera abilità è quella di mettere insieme la squadra giusta che può essere vincente. Esordiamo dopo un mese di preview, con lo spettacolo che cambia ogni giorno, solo alla fine la vera apertura ufficiale. Il che significa ogni giorno, dopo lo spettacolo, ripensarlo di notte, alla mattina effettuare i cambiamenti, al pomeriggio le prove, tutto in base alle reazioni del pubblico, d’istinto. Ci scambiamo le impressioni sulle reazioni della platea attraverso l’evoluzione dello spettacolo, magari decidiamo un cambiamento di scena che richiede una settimana per essere realizzato”.
– Cosa c’entra un musical con l’esperienza precedente di imprenditore nel software?
“Il percorso dello sviluppo di questo spettacolo è molto simile a quello del prodotto software… richiede anni di impegno non solo della squadra che lo realizza ma pure feedback dal pubblico. Il copione oggi ha forse uno o due dei brani e delle scene dell’originale, tutto il resto è diverso. Hai uno percorso interattivo, di crescita, analisi, sviluppo… come se stessi facendo una scultura, ci vogliono anni e ogni volta che ritocchi all’improvviso capisci che devi rimodellare tutto in modo diverso… E’ un processo incredibile di scoperta, di cose dei cui non avevi idea, perchè non sai… le cose che non sai! Ed è la stessa cosa che venture capital ed angels mi dicevano riguardo a come decidevano di finanziare o no un imprenditore. Vieni con un’idea ma l’unica cosa di cui devi essere certo e che non lo seguirai alla lettera. L’importante per i finanziatori era riconoscere se quella persona aveva la resistenza e l’abilità per cogliere queste svolte ed essere flessibili e motivati per andare nella nuova direzione scoperta. Riciclarsi, cambiare direzione in risposta agli stimoli dell’ambiente è molto più importante dell’idea iniziale”.
– Quando costa arrivare a Broadway?
“Questa produzione costa tredici milioni di dollari, un valore medio in questo campo. Se recuperi in sei mesi sei nel top 5%, altri recuperano in un anno e mezzo, altri ancora in 3-5 anni. Ma quelli che non ci riescono e falliscono sono il 70%. Nel momento in cui arrivi a Broadway hai già avuto una scrematura di tutti quanti non ce l’hanno fatta.
– Soddisfatto del risultato finale?
“In questo momento sono nel mezzo del ciclone e non ho la possibilità di considerare col senno di poi quel che ho fatto. Abbiamo appena guadagnato la qualificazione e nemmeno iniziato a giocare. Non so se sarà un prodotto vincente e se abbiamo fatto scelte intelligenti, Successo o falimento deriveranno dal pubblico nei prossimi cinque o sei mesi”.
– Cosa ha insegnato questa esperienza?
“Un esempio? Il valore economico dei social media. Oggi la mia The Social Edge è in forte crescita, azienda social media influencer con 50 dipendenti. E’ nata quasi per caso, quando ci siamo resi conto promuovendo George Takei del valore dei suoi follower in termini economici per il mondo pubblicitario, abbiamo capito che dovevamo sostenne questa crescita. Tre anni dopo abbiamo lanciato la società”.
– Da Bing a Broadway non è da tutti… ti riconosci qualche capacità particolare?
“Come in questo incontro iniziale in cui ho scoperto una storia toccante e le possibilità ricavarne un musical, da tantissimi piccoli episodi individuali ho capito di avere la capacità di individuare i potenziali di un evento casuale. Questa è stata una costante nella mia carriera”.
E dopo Allegiance?
“Sono troppo preso dal musical, ho due ore di sono al giornata e penso solo allo spettacolo e questa società che cresce del 30% al mese, non ho possibilità di pensare ad altro, con uno spettacolo che potrebbe diventare un successo che mi occupa per 30 anni oppure fallire in cinque mesi… ho imparato da tanto tempo di non cercare di prevedere i miei progetti futuri. Perchè mi cadono in braccio senza fare nulla”.