Italiani di Frontiera, le radici. Trent’anni fa se ne andava Gibo, cronista di razza. Era mio padre

Non aveva mai usato un computer, non sapeva cosa fosse Internet.

Gibo era un cronista di razza. Schiena dritta, nessun timore reverenziale. Negli anni di piombo il suo nome era finito nella lista nera di un gruppo terrorista. A un tipo che al bar aveva maldestramente tentato di addomesticarlo con i soldi, aveva infilato la mazzetta nel bicchiere. Per il mestiere era capace di rischiare parecchio: offrirsi come mediatore con dei rapinatori asseragliati con degli ostaggi, andare da solo di notte nella campagna buia per intervistare un super ricercato. Solo a parlare in pubblico s’impappinava. Un maestro di umanità.

Aveva potuto studiare poco, viaggiare ancora meno. Ma ha fatto di tutto perchè lo potessi fare io. Senza il suo insegnamento, Italiani di Frontiera non sarebbe mai nato. Giovanni Bonzio “Gibo” era mio padre. Sono passati 30 anni da quel 1 dicembre 1981 in cui se n’è andato, ad appena 51 anni.

Mestre, la mia città natale, di cui aveva accompagnato come testimone d’eccezione  la tumultuosa crescita, iniziando da giornalista adolescente, gli ha dedicato una bella piazzetta in centro (nel video,  la cerimonia dello scorso marzo), occasione per ricordarlo con parole toccanti, tra le quali quello di un suo vecchio amico e bravo giornalista, Ivo Prandin.

Mio fratello Giampaolo ha raccontato la sua biografia in un bel libro (con mia introduzione), “Scusate sono un timido. Il racconto di una vita dedicata alla cronaca” (Marsilio).

Il 2 dicembre a Mestre, nella chiesa di via Piave, Gibo è stato ricordato nel corso di una cerimonia religiosa. Io purtroppo non ho potuto esserci, a fianco della mamma, di mia sorella Barbara e mio fratello.  Ma lo ricordo a modo mio. Ciao Gibo. E chi ti dimentica?

These are my roots…

 

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