Giacomo Costantino Beltrami, solo tra gli indiani del Mississippi con un ombrello rosso

Un patriota bergamasco deluso, esploratore inquieto, capace di avventurarsi da solo, quasi due secoli or sono, in una zona del Mississippi territorio degli indiani, con coraggio, forza d’animo, ed un ombrello rosso come bizzarro lasciapassare. E di raggiungere il suo scopo: arrivare ad una delle sorgenti del grande fiume.

Una storia avvincente, quella di Giacomo Costantino Beltrami (1779-1855), al quale e’ intitolata l’omonima contea del Minnesota. E secondo alcuni, a lui si ispiro’ James Fenimore Cooper per il suo classico d’avventura “L’ultimo dei Mohicani”.

A Beltrami, va soprattutto il merito di aver composto una straordinaria collezione di manufatti indiani, di valore inestimabile, ancor oggi conservata.
Qui galleria di immagini (foto di Daniela Rota).

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Magistrato napoleonico, avvilito dal clima della Restaurazione e sfuggito all’impiccagione con l’accusa di cospirazione contro lo Stato Pontificio, Beltrami decise di improvvisarsi esploratore nel Nuovo Mondo, risalendo il Mississippi in una zona ancora selvaggia, sospinto da tormenti esistenziali.
Centinaia di miglia in undici mesi, abbandonato quasi subito in un labirinto di acquitrini da guide e interprete. Derubato anche dell’acciarino, cosa che gli impedì di accendersi fuochi per ascugarsi e riscaldarsi la sera.
Costretto a trascinare la canoa immerso nell’acqua sino alla cintola, solo, con un fucile, una spada ed un bizzarro ombrello rosso, divenuto suo simbolo, che funzionò da eccentrico lasciapassare con gli indiani, che evidentemente lo ritenevano protetto dagli dei per intraprendere un’avventura così folle, il 31 agosto 1823, nella contea che oggi nel Minnesota porta il suo nome, Beltrami raggiunse una delle sorgenti del fiume intitolandola a Giulia, amica scomparsa e mai dimenticata.
Primo bianco arrivato sino a lì, “La sua vera impresa è l’aver percorso quel territorio inesplorato con una sensibilità eccezionalmente moderna: registrando testimonianze di prima mano sul degrado che il contatto con i bianchi sta provocando tra gli indiani, in particolare con l’alcolismo. Ma soprattutto, raccogliendo e inviando in Italia a più riprese armi, utensili, indumenti e decorazioni”, dice Cesare Marino, antropologo dello Smithsonian Institution, che ha ricostruito la sua storia. E che nel settembre 2013 a cura di Italiani di Frontiera ha guidato una visita d’eccezione a quella collezione a Bergamo, considerata oggi un tesoro anche dagli etnografi d’oltreoceano.

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Una rivalsa tardiva per Beltrami, la cui impresa fu disprezzata invece dagli studiosi americani suoi contemporanei, forse non privi di pregiudizi xenofobi, nei confronti di quell’esploratore romantico cosi’ lontano dai circoli intellettuali.
Gli straordinari oggetti raccolti da Beltrami sono divisi oggi fra la  collezione raccolta al Museo di Scienze Naturali Ettore Caffi di Bergamo, e la collezione creata con passione dallo scomparso conte Glauco Luchetti Gentiloni (foto sotto) curata oggi dalla figlia Marzia, del Museo Beltrami a Filottrano (Ancona), paese delle colline marchigiane, dove Beltrami morì.

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