Faggin: nel mercato globale un handicap per l’Italia aziende di famiglia e nepotismo

Sul mercato globale si vince con vitalita’ e competenza. Caratteristiche che spesso non si combinano, nelle aziende italiane, molte delle quali legate ad una gestione familiare, struttura anacronistica per competere a livello internazionale.

Competenze, nepotismo, cosmopolitismo: seconda parte delle riflessioni su suo Paese d’origine di Federico Faggin, gia’ protagonista di questo post.

VITALITA’ E COMPETENZA – Per competere sul mercato mondiale, occorrono soprattutto due cose in aggiunta alle risorse finanziarie: vitalita’ e competenza. Silicon Valley e’ un esempio di questa energia vitale… senza la quale, non succede niente.

Se si guarda al motore economico dell’Italia, in molte piccole ditte del Nord, c’e’ gente che si dà un gran daffare, lavora, sgobba, tira avanti meglio che puo’. Ma generalmente rimangono piccole, non possono crescere. Mancano i capitali… ma manca la mentalita’ giusta ancor piu’ del capitale. Nel Vicentino, da dove vengo io, il tipico imprenditore non e’ uno laureato in ingegneria ma uno che spesso ha fatto l’istituto professionale, o anche meno. Però ha tanta voglia di fare, ha energia vitale, e per questo ce la fa. Ma spesso non ha la competenza e le conoscenze necessarie per affrontare i mercati internazionali, in un’economia che e’ globalizzata. Dunque uno fa quello che puo’, non puo’ crescere più di tanto.

Di contro, spesso in Italia le persone che hanno studiato molto non hanno questa energia vitale o non vedono nell’imprenditorialita’ un valore importante. Vanno a lavorare per lo Stato, il governo, cercano il posto fisso, la vita comoda…

AZIENDA FAMILIARE, UN HANDICAP – L’imprenditoria italiana e’ anche condizionata da logiche di famiglia. E’ molto legata al nepotismo: faccio partire una ditta, poi ci metto dentro i miei figli, i nipoti… questo controllo attraverso le relazioni, anche al piu’ alto livello e’ causa di problemi di successione generazionale terribili…mica tutti i figli di un bravo imprenditore sono bravi imprenditori! Peggio ancora, se i figli non sono all’altezza del compito, il problema finisce per demotivare le persone brave che in azienda si sentono sfruttate in un ambiente in cui non esiste la meritocrazia. Dopotutto, il figlio del padrone avra’ sempre una posizione più di riguardo, rispetto al dipendente piu’ bravo di lui.

I CINESI SONO MENO NEPOTISTI – Sarebbe interessante vedere il confronto ad esempio con i cinesi. Anche loro hanno fortissimi legami familiari… ma non arrivano a quel punto di quasi sfacciataggine, di forzare tutto dentro una struttura in cui i legami familiari sono piu’ importanti di tutto il resto. Uno non puo’ far crescere una ditta a livello internazionale, con questa mentalita’. La riprova e’ che sono poche le ditte italiane che hanno saputo farsi avanti nel mercato globale, mentre le ditte cinesi sono moltissime.

CONOSCENZA E COSMOPOLITISMO – Conoscenza e culture diverse: sono altri due segreti di Silicon Valley. A New York si puo’ trovare gente di tutto di mondo. Ma sul posto di lavoro non c’e’ lo stesso livello di cosmopolitismo, mentre qui arrivano persone istruite da tutto il mondo. Indiani, cinesi, mediorientali ed europei lavorano tutti assieme… fa parte del mix di Silicon Valley. Dove, cosa interessante, gli americani sono…”minoranza”! Visto che i nati all’estero con i loro figli rappresentano piu’ della meta’ della popolazione, con oltre un quarto di asiatici. E a Stanford, tra chi fa il Phd gli americani sono molto pochi. Questo ambiente cosmopolita, la controcultura degli anni Sessanta, ha visto nascere il personal computer in circoli di hobbisti appassionati, e non all’Ibm. L’atmosfera innovativa e imprenditoriale che i giovani respirano all’universita’ e in famiglia sono stati tutti ingredienti sociali e culturali che hanno contribuito a fare di Silicon Valley quello che e’ oggi. La gente qui ama la tecnologia, potrei dire anche troppo poichè la tecnologia non è tutto, ma senza questo entusiasmo non è possible inventare nuovi prodotti e nuove tecnologie. In Italia invece, si pensa ancora che la tecnologia sia qualcosa di estraneo al resto della vita sociale e culturale viene vista quasi con sospetto da molti”.

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