Valerio Natale, che nel 2004 a 14 anni aiutò dall’Umbria i sopravvissuti dello tsunami con un’idea geniale… ora ripresa da Google!
Dieci anni fa, nei giorni in cui in tutto il pianeta rimbalzavano le terribili immagini del disastro provocato dallo tsunami in Asia, un ragazzino umbro di quattordici anni diventava protagonista su giornali, tv e siti web di mezzo mondo, con un’idea semplice e geniale, capace di dare una mano concreta dall’Italia, grazie al web, nelle ricerche di sopravvissuti dall’altra parte del globo.
Una vicenda che merita di essere ricordata perché è un esempio straordinario per capire meglio i tempi in cui viviamo, le eccezionali opportunità che la Rete offre a ognuno di noi. Ma anche i meccanismi che regolano il mondo della comunicazione.
Una storia in cui cui, qualche anno prima di immaginare Italiani di Frontiera, anch’io ho avuto un ruolo. Perché raccontandola fra i primi, avevo innescato un incredibile effetto a catena globale, con un lancio dell’agenzia Reuters in cui lavoravo, che subito tradotto in svariate lingue (compreso il thailandese!) era stato ripreso da siti, testate e emittenti di tutto il mondo. Nel dicembre 2004, a quattordici anni, Valerio Natale, studente di Amelia (Terni) con la passione per l’informatica, colpito dalla portata di quel disastro lontano, aveva ideato un modo per rendersi straordinariamente utile, attraverso il web, trasformando quello che era il suo sito per appassionati di cartoon dei Simpson in una piattaforma per la ricerca dei dispersi del dopo tsunami. Incrociando semplicemente i database di ospedali e centri di assistenza che stavano curando feriti con quelli di tantissime persone che stavano cercando i propri cari.
Un sistema semplice che in pochi giorni aveva registrato decine di migliaia di contatti, svelando per di più che l’iniziativa individuale poteva dimostrarsi più rapida ed efficace degli strumenti adottati da tante istituzioni nazionali e internazionali. E l’indirizzo del sito www.emergenzamaremoto.com era rimasto http://tuttosimpsons.altervista.org. Seguendo giorno per giorno l’incredibile propagazione di quella notizia, avevo capito che c’erano anche altre chiavi per capirne la portata. Non solo il fatto che quell’iniziativa riguardasse un evento in primo piano in tutto il mondo, come il devastante maremoto, ma pure che avesse un richiamo a figure universalmente conosciute come i personaggi dei Simpson. E forse pure il cognome di Valerio aveva avuto un peso, a pochi giorni dal Natale… Valerio, che dopo diverse esperienze all’estero oggi è studente di Legge all’Università Roma Tre, ero riuscito a invitarlo un paio d’anni fa al bellissimo evento iSchool al PalaLottmatica di Roma, ottobre 2012, organizzato da Riccardo Luna. E lo scorso 19 dicembre l’ho voluto con me sul palco del Teatro della Speranza a Perugia, all’edizione 2014 di MeeTalents, per rievocare la sua esperienza. Nell’occasione, Valerio ha ricordato che un paio danni fa Google ha lanciato un suo strumento Google Person Finder, con lo stesso principio con cui lui aveva trasformato il suo sito… otto anni prima.
– Valerio, come ti era venuta quell’idea, a 14 anni?
“Mi sono trovato in mezzo a un dato di fatto. Da un lato il mondo dell’informazione non poteva rendersi materialmente utile per chi cercava informazioni specifiche sui propri cari dispersi. Dall’altro sembrava che il sistema delle istituzioni, tramite la protezione civile e il ministero degli esteri, non riusciva a gestire quella mole di dati. Serviva uno strumento veloce e non legato da complicazioni burocratiche o di privacy. Avevo un sito sui Simpsons e in poche ore l’ho rastrellato per fare qualcosa di più utile. A quanto pare ha funzionato”.
– Cosa ti ha insegnato quell’esperienza?
“Davvero tante cose! Forse la più importante è aver toccato con mano quanto la partecipazione dal basso, se coordinata in un flusso unico con delle regole, può essere più efficiente di qualsiasi sistema accentrato. In fondo con quel sito ho fatto la cosa più semplice del mondo: mettere in contatto delle persone senza intermediari istituzionali. Nel mondo reale sarebbe impossibile, sulla rete invece puoi mettere insieme migliaia di persone in una stanza mantenendo un ordine e permettendo a tutti di cogliere ogni singola voce”.
E cosa ti ha lasciato nel tuo percorso di oggi?
“Oltre a qualche ritaglio di giornale in soffitta, la convinzione che serve ripartire da una politica di apertura delle informazioni. Ad ogni livello. Forse è anche grazie all’esperienza di dieci anni fa che oggi inizio a scrivere una tesi sulla legislazione degli Open data. Non possono rimanere un’espressione fumosa da citare nei salotti del talk show, devono diventare una risorsa a costo zero. L’Italia è un paese che ha bisogno di uscire dalla cultura del segreto”.